I dati dei sensori di StratoSpera 3
Cediamo la parola a Francesco Sacchi, che illustra e commenta i dati raccolti dai sensori di bordo di StratoSpera 3 nel volo del 10 settembre 2011.
Dati dei sensori di bordo di StratoSpera 3
Anzitutto, anche dal punto di vista della della scheda di bordo, il volo è stato un successo.
La scheda BSM-2, al suo secondo volo, non ha riportato problemi degni di nota. Ci sono alcune cose da migliorare, ma la maggior parte del carico pagante elettronico ha funzionato a dovere. Sulla scheda SD di bordo sono stati registrati tutti i parametri configurati per la durata del volo:
- ora UTC
- posizione GPS
- altitudine
- 3 temperature: due esterne e una interna
- pressione
- umidità relativa
- accelerazione sui 3 assi
- misure dal contatore Geiger HADARP
- parametri tecnici della scheda (tensioni varie e corrente assorbita)
Il log continua anche dopo, quando il pallone è rimasto per 2 ore a terra in attesa del recupero.
Il lancio è avvenuto intorno alle 10:06:20 UTC, che corrispondono alle 12 ora locale del Kianti StratoSphere Center.
Iniziamo ad analizzare i dati raccolti partendo da quello che ci ha fatto raggiungere il record: l’altitudine.
Altitudine
La salita è avvenuta come sempre a velocità costante, con un rateo medio di circa 5 m/s che era esattamente l’obbiettivo che ci eravamo dati. Stavolta Francesco Bonomi ha pesato con cura il payload prima del lancio e le operazioni di gonfiaggio si sono svolte con la massima precisione e senza intoppi.
Appena subito dopo lo scoppio del pallone, a quasi 40 km, si nota un picco negativo a 0 metri di altitudine sul grafico. Questo è dovuto al fatto che il GPS, in quel momento, ha perso il FIX. Non abbiamo prove certe, ma gli indizi portano a dire che la perdita del FIX sia stata causata da una eccessiva velocità di discesa. Nei primi momenti, infatti, la velocità di discesa in caduta libera, praticamente in assenza di atmosfera, ha superato i 350 km/h! Nel tratto finale si è invece stabilizzata sui consueti ~20 km/h.
Il circuito di cut-off ha fatto il suo dovere come da parametri di lancio e ha rilevato lo scoppio e tagliato il cavo con i resti del pallone per evitare attorcigliamenti. Questa volta avevamo messo dei limiti molto più ampi onde evitare che, come nello scorso lancio, il cavo fosse tagliato per superamento della distanza massima impostata.
Temperatura
Sullo stesso grafico abbiamo 3 sonde: due esterne e una interna. La seconda sonda esterna era stata pensata per misurare la temperatura di altri esperimenti a bordo del payload, ma dato che stavolta non ce n’erano, le due sonde erano poste una molto vicina al payload (T2) e una un po’ più distante (T1) in modo da valutare se ci fossero differenze. Questo è stato fatto per verificare se, soprattutto in quota, la vicinanza al payload possa influenzare in qualche modo la misura di temperatura. Direi che dal grafico la risposta è stata negativa: non ci sono differenze apprezzabili.
All’aumentare dell’altitudine, la temperatura è prima scesa verso circa -55° C, lì è rimasta per un po’ relativamente stabile e poi ha ripreso a salire con l’altitudine fino a toccare i -9° C a 39..000 metri. La pausa di stabilità a -55° C è avvenuta tra circa 13.000 e 18.000 metri di quota, dove si trova la troposausa: essa segna il confine tra la troposfera (lo strato in cui viviamo) e la stratosfera. Proseguendo nella stratosfera gli strati di ozono che schermano le radiazioni ultraviolette rilasciano l’energia assorbita in calore, ed è per questo che continuando a salire la temperatura è invece aumentata.
Il minimo registrato è stato di circa -60° C toccati intorno ai 17.000 metri di quota, durante il rientro.
Dalla temperatura interna vediamo che in questo lancio, grazie ad un miglior isolamento, non siamo mai scesi sotto i +6° C, garantendo quindi una buona coibentazione nonostante la maggiore durata della missione e la maggiore velocità di discesa.
Pressione
Finalmente, con questa missione, abbiamo potuto provare il fondo scala del sensore di pressione utilizzato (che ricordo essere un Freescale MPX2100AP).
La pressione è scesa seguendo un andamento esponenziale raggiungendo 1 mBar intorno a 30.000 m di quota. A quel punto la misura non è scesa ulteriormente. C’è da dire che come ogni strumento di misura anche il nostro è soggetto ad errori, quindi soprattutto a fondoscala i dati vanno presi con la giusta approssimazione, ma ci riteniamo molto soddisfatti. I valori misurati sono infatti perfettamente in linea con quanto previsto dai modelli dell’atmosfera a meno di appena qualche mBar.
Un comportamento che ancora non siamo riusciti a spiegare è la gobba tipo “schiena di cammello” presente nel grafico al momento dell’atterraggio. La pressione sembra stabilizzarsi intorno 910 mBar, poi sale verso 925 mBar, scende a 917, risale a 925 e infine si stabilizza a 910 mBar. Il fenomeno non può essere un’interferenza elettromagnetica come quelle dell’altro lancio perché è stabile e dura per quasi 20 minuti. L’unica spiegazione che ci siamo dati è che ciò sia dovuto alla formazione di condensa sulla scheda elettronica. I segnali elettrici provenienti dal sensore sono infatti molto deboli e il circuito di rilevamento quindi molto sensibile. L’ipotesi è che se tra i contatti del sensore si fosse formato un leggero strato di condensa, questo avrebbe potuto modificare leggermente la misura. Con il tempo la condensa è evaporata e la misura è ritornata al suo valore nominale.
Da suggerimento di Michael Sacchi. Dal grafico della pressione è apprezzabile, come ovviamente in quello dell’altitudine, che l’atterraggio è avvenuto ad una quota superiore di quella del decollo. Eravamo infatti a quasi 1.000 m di altitudine, e questo ha richiesto un bel po’ di fatica ed impegno soprattutto da parte del nostro Francesco “Rambo” Bonomi 🙂
Umidità relativa
Come prima cosa vorrei dire che il sensore che abbiamo a bordo, a causa delle condizioni ambientali in cui si trova, non è molto accurato.
Infatti il sensore usato (Honeywell HIH-5031) non è progettato per operare alle temperature così basse tipiche della stratosfera, nonché in quasi totale assenza di pressione. Direi che quindi i dati di umidità relativa registrati sono soggetti ad un elevato errore di misura, che stimiamo conservativamente in un +-10%.
In ogni caso, possiamo notare come le condizioni alle varie altitudini siano abbastanza ripetibili: l’ umidità relativa misurata in salita è praticamente la stessa trovata in discesa, solo che i vari strati vengono percorsi più velocemente in discesa.
Da notare il picco molto elevato (~80% RH) che StratoSpera ha incontrato a circa 1.000 metri di altitudine, sia in salita che durante la discesa.
Per le prossime missioni stiamo valutando di utilizzare sistemi di misura dell’umidità relativa più accurati.
Accelerazione
C”è un qualche tipo di errore sistematico nella misura, infatti ho riprovato e anche lasciando la scheda in piano, ferma, misura un’accelerazione di 9,5 m/s2 invece di 9,8. Non ho indagato ulteriormente.
Come breve commento qualitativo al grafico: nella prima parte, durante la salita le misure sono molto frastagliate, a causa del movimento continuo del payload. Via via che il pallone sale la variabilità diminuisce a significare che il volo è più tranquillo. Ad un certo punto c’è uno stacco netto: è il momento dello scoppio. Segue una fase molto agitata dovuta alle turbolenze incontrate nella discesa per poi tornare tutto relativamente tranquillo una volta toccato terra. L’asse Y ha sempre una componente negativa perché il payload era inclinato di circa 23° rispetto all’orizzonte. Negli ultimi istanti del grafico si vedono dei picchi abbastanza marcati: era Francesco Bonomi che tentava di far “gentilmente” scendere il payload dall’albero 🙂
Radiazione
Anzitutto dobbiamo dire che stavolta lo strumento HADARP si è comportato in modo nettamente migliore rispetto alla precedente missione. Ha infatti funzionato correttamente fino a una altitudine di circa 28.000 metri. Poi, improvvisamente, le misure sono schizzate fuori scala. Dopo poco il log ha risegnalato misure in scala, ma poco plausibili (conteggi di ~220 cpm, quando pochi istanti prima eravamo di media a circa 400), per poi spegnersi del tutto.
Nello scorso lancio, avevamo individuato il problema delle false misure nella creazione di un arco elettrico tra due piste dell’alta tensione necessaria ad alimentare il tubo Geiger. In questo lancio avevamo ricoperto il circuito di HADARP di vernice isolante in modo da eliminare il problema. Da una analisi effettuata dopo il rientro sembra che l’isolamento abbia retto, quindi mi sentirei di escludere la stessa causa.
Stavolta, a differenza della volta scorsa, le misure però non sono più tornate nella norma, segno che qualcosa si è rotto definitivamente. Da un test fatto in laboratorio il circuito sembra a posto, quindi per esclusione il guasto dovrebbe essere dovuto al solo tubo Geiger, che probabilmente non ha retto al vuoto stratosferico. Un tubo Geiger è infatti costituito da un tubo di vetro con all’interno un gas a bassa pressione. Sono anche presenti due elettrodi. Al passaggio di una particella radioattiva, essa eccita il gas contenuto all’interno creando per un istante un impulso di corrente tra i due elettrodi. Il circuito di HADARP rileva e conta questi impulsi per fornire una misura. E’ quindi probabile che l’esposizione prolungata a basse pressioni, magari unita alle basse temperature, abbia sollecitato eccessivamente il fragile tubo di vetro, danneggiandolo irreparabilmente.
Luca Di Fino ha analizzato i dati di radiazione di HADARP nel volo StratoSpera 3.
Per le prossime missioni è previsto di riprogettare completamente HADARP in modo da ovviare ai problemi riscontrati. Per questo e per l’analisi puntuale dei dati raccolti, lasceremo la parola a Matteo Negri.
Tensioni e corrente
E per finire, ecco i dati di housekeeping!
Come ogni bravo veicolo spaziale, anche StratoSpera ha a bordo diversi sistemi di supporto necessari al buon funzionamento di tutti i sensori, sistemi ed esperimenti presenti.
Tutto quanto non fa parte di sensori ed esperimenti, in gergo viene chiamato “housekeeping”, ovvero “gestione domestica” 🙂 In particolare, nel nostro caso, la scheda BSM-2 teneva sotto controllo le varie tensioni di alimentazione presenti e la corrente assorbita dalle batterie.
Le misure di tensione (tensione batterie in blu, +5 V in rosso, +3.3 V in giallo) si riferiscono alla scala a sinistra, in Volt, quella di corrente (verde) a destra, in milliAmpere.
Anche stavolta si può notare un grande picco di assorbimento di corrente più o meno a metà grafico. Dai ~150 mA nominali si è saliti a circa 350 mA, più del doppio!
L’assorbimento anomalo coincide con le misure non nominali rilevate da HADARP. In concomitanza con l’assorbimento anomalo, si hanno anche abbassamenti di tensione sulle batterie e sul +5 V stabilizzato, ma non sul 3.3 V. Questo significa che l’assorbimento era dovuto a qualcosa collegato alla linea di alimentazione a 5 V. Ci sono solo 2 dispositivi alimentati da quest’ultima: il GPS di bordo e… HADARP!
Tutti gli indizi fanno quindi pensare che la rottura del tubo abbia causato contemporaneamente anche l’assorbimento non nominale di corrente.
Fortunatamente le batterie di bordo hanno retto egregiamente al sovraccarico.
Forse, per abbassare i rischi nelle missioni future, potrebbe aver senso installare uno switch in modo da tagliare l’alimentazione a apparecchiature non vitali in caso di guasti come questo, in modo da garantire lo stesso il funzionamento di dispositivi vitali quali il GPS.
Ciao ragazzi,
gran bell’esperimento!
Ma si potrebbe mettere le mani sui dati “grezzi”?
Un saluto dal DLR di Berlino!
Mario
Mario, grazie dei complimenti, ricambiamo i saluti. Per scaricare i dati grezzi in formato Excel puoi cliccare il link “Dati dei sensori di bordo di StratoSpera 3” all’inizio del post.
Ciao,
finalmente con un po’ di tempo ho preso i dati e li ho confrontati con l’International Standard Atmosphere. Potete vedere/scaricare i grafici qui, in PDF e PNG.
Ovviamente sto assumendo che non ci siano stati spostamenti laterali (che invece c’erano), ma nonostante questo mi pare che l’accordo sia molto buono!
Saluti,
Mario (Berlino).
Grazie Mario, molto interessante.
Non so se avete notato che la base della statosfera che avete osservato e’ variata di circa mezzo chilometro tra i due passaggi!
Ancora complimenti!
Mario
Tieni conto che durante la discesa la posizione geografica era ovviamente diversa, la velocità verticale molto elevata e il GPS forniva l’altitudine solo una volta al secondo.
Sommando tutto penso sia fisiologico che ci sia una lieve discrepanza tra l’andata e il ritorno.
Ciao!
@Francesco Ovviamente,come dicevo su è pura approssimazione che la verticale sia rimasta la stessa…in realtà si dovrebbe prendere un modello serio e interpolare i dati a quell’altezza e quelle coordinate (l’ho fatto per Marte con il MCD ,per la Terra non ne ho idea) e poi confrontare.
Mi sembra molto incoraggiante che ci sia un accordo così buono, nonostante tutto! Che il GPS fornisse dati ogni secondo non è un male, se vedi la griglia dei dati del l’International Standard Atmosphere ti accorgi che sono moooolti di meno, voi ne avete in abbondanza! (ndr.: Io sono abituato solo a trattare dati di missioni spaziali).
Ciao!
Mario
Ragazzi complimenti,
Sto progettando una missione anche io, ma il mio progetto é piú ambizioso.
Vorrei confrontarmi con voi, ma per ora vorrei continuare a studiare i vostri esperimenti. Avete mai pensato di regolare l’elio con elettrovalvola, per prolungare il volo? Avete mai pensato di direzionare il pallone una volta raggiunti i 30km? Avete mai pensato di trasmettere dati a terra live?
In bocca al lupo per le tue imprese.
La risposta alle prime tue due domande è negativa, alla terza possiamo rispondere sì, ma le difficoltà pratiche e normative fino ad ora ce lo hanno impedito.
Diciamo che stiamo lavorando per migliorare costantemente.
Grazie per la risposta. Ho alcune domande alle quali i grafici non potevano dare risposta, quindi vi contatteró, in quanto penso sia l’unico modo per porvi le domande. Io ho conoscenze di elettronica, telecomunicazioni e progettazione, ma non di astronomia, ne metereologia, quindi ho alcuni quesiti le cui risposte stabiliranno la fattibilità del mio progetto. Sto a Roma ma la distanza tra noi non dovrebbe costituire un limite alla nostra collaborazione.
Ho caricato i dati GPS in un file kmz, e l’ho reso disponibile a questo indirizzo: http://www.tr3ma.com/Dati/Flight%20Path.kmz
come sapete i file kmz sono file kml zippati, che possono essere visualizzati su google earth.
Mi sembra di capire che durante il volo ci fosse un vento termico verso nord-est e un vento zonale verso nord. Ho capito bene? I venti zonali cambiano durante l’anno o sono sempre orientati nello stesso verso? Se si avesse un punto della terra dove il vento zonale viaggia nella direzione opposta al vento termico, si potrebbe far tornare il pallone al punto sorgente. Sapete darmi una valutazione sulla possibilità di sfruttare i venti, ipotizzando di avere a bordo intelligenza capace di farlo?